T.A.R. Lazio

Sez. 1°, Decisione n.1240/88

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TAR Lazio , Sez. 1° , Decisione n. 1240 / 88

Sul ricorso (n. 3393/87)

Contro:
la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed i Ministeri della Funzione Pubblica, del Tesoro, della Sanità, del Lavoro e del Bilancio, in persona dei rispettivi titolari pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato;
L’Ordine Nazionale dei Biologi, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Giuseppe Barone, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Angelo Clarizia in Roma, Via Principessa Clotilde n. 2;
il Sindacato Nazionale Biologi Chimici Fisici ( S.Na.B.I. ), in persona del Segretario nazionale pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni C.Sciacca e Piero d’Amelio, elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, Via G.B. Vico n.29:

con l’intervento

"ad adiuvandum" del Collegio dei Professori Universitari Ordinari e Straordinari di Anatomia e Istologia Patologica, in persona del Presidente pro tempore:

per l’annullamento

parziale del D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270, pubblicato sulla G.U. 11 luglio 1987, sippl. N. 65, recante approvazione dell’accordo sindacale per il personale dipendente dal Servizio sanitario nazionale relativo agli anni 1985 -1987, limitatamente alle parti che attengono ai criteri di ripartizione del fondo di incentivazione (art. 70 e norme connesse, fra cui l’art. 105), nonché per l’annullamento dell’accordo sindacale medesimo.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione, dell’Ordine Nazionale dei Biologi e dello S.Na.B.I.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta la relazione nel Cons. Dott. Anselmo Di Napoli e uditi, alla pubblica udienza dell’8 giugno 1988.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Il D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270, recante approvazione dell’accordo sindacale per il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale relativo agli anni 1985-1987, nel determinare i criteri di ripartizione del fondo di incentivazione (art. 70 e norme connesse, fra cui l’art. 105), ha riservato lo stesso trattamento sia ai medici si al personale sanitario non medico, quale che sia la struttura in cui tale personale opera, ivi compresi i servizi di cui all’art. 21 del D.P.R. n. 128/1969.
Con ricorso depositato il 20 novembre 1987, il Prof. e gli altri in epigrafe indicati responsabili di servizi di anatomia, istologia patologica e citodiagnostica – hanno chiesto l’annullamento parziale del D.P.R. n. 270/1987, con vittoria di spese, per il seguente motivo:
Violazione e falsa applicazione del giudicato costituito dalla decisione della IV Sezione del Consiglio di stato n.308 del 28 aprile 1986, in relazione agli artt. 16 e 21 del D.P.R. 27 marzo 1969 n.128 e norme connesse e successive. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per illogicità e per vizio della motivazione.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli altri Ministeri intimati si sono costituiti in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato, la quale, con memoria depositata il 28 maggio 1988, ha eccepito che il ricorso è infondato.
L’Ordine Nazionale dei Biologi si è costituito in giudizio e, con memoria depositata il 28 gennaio 1988, ha eccepito che il ricorso è infondato.
Il Sindacato Nazionale Biologi Chimici Fisici si è costituito in giudizio e, con memoria depositata il 27 maggio 1988, ha eccepito che il ricorso è inammissibile e infondato.
E’ intervenuto in giudizio "ad adiuvandum" il Collegio dei Professori Universitari Ordinari e straordinari di Anatomia e Istologia Patologica, che, con atto depositato il 27 maggio 1988, ha instato per l’accoglimento del ricorso.

DIRITTO

Con l’unico motivo, i ricorrenti sostengono che il D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270, nelle parti che riguardano i criteri di ripartizione del fondo di incentivazione, ha illegittimamente disposto la parità di trattamento tra medici e biologi, non soltanto per quanto attiene ai laboratori di analisi (in ordine ai quali il Consiglio di Stato ha già formulato una valutazione di omogeneità funzionale fra le diverse categorie di sanitari ad essi addetti), ma anche per i servizi di istologia e anatomia patologica, nei quali l’attività svolta dai biologi non può essere assimilata a quella dei medici, ma ha una funzione meramente preparatoria di quella del medico.
Il motivo è infondato.
L’Amministrazione, nell’emanare il D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270, ha avuto riguardo a ciò che normalmente avviene all’interno del servizio di analisi degli ospedali.
In tali strutture, medici e biologi svolgono la stessa attività: fornire al sevizio di diagnosi e cura i risultati delle analisi, che insieme agli altri elementi reperiti dal medico curante, consentiranno la formulazione della diagnosi e l’approntamento della terapia.
Questa situazione, peraltro, era stata esattamente rilevata nella sentenza n. 308/1986 della IV Sez. del Consiglio di Stato, che aveva accertato tanto l’identità delle funzione svolte dal medico analista e dal biologo analista, quanto la medesima finalità e l’identico modo di correlarsi di tali funzioni con quelle svolte dal medico curante.
In questo quadro, legittimamente il D.P.R. n. 270 del 1987, per quanto attiene alla parte impugnata, ha statuito la parità di trattamento tra medici e biologi del servizio di analisi.
Ma, con riferimento agli esami di istopatologia che si svolgono negli istituti universitari e nei servizi ospedalieri di anatomia e istologia patologica, i ricorrenti affermano che non è possibile un’equiparazione tra medici e biologi, in quanto gli istituti ed i servizi di istopatologia non sono affatto riguardati né dalla sentenza del Consiglio di Stato, né dall’annullamento di quelle norme amministrative che secondo il testo originario del D.P.R. n. 348/1983 avevano condotto ad una determinata ripartizione del premio di incentivazione.
L’obiezione, però, è facilmente superabile, ove si osservi che la citata sentenza n. 308 non ha preteso di fornire elenchi tassativi delle strutture sanitarie per le quali deve vigere il principio dell’equiparazione, conservando i riferimenti ai laboratori di analisi un valore meramente esemplificativo. Il problema, quindi, va esaminato sotto il profilo sostanziale, che conferma, come appresso si vedrà, la piena competenza del biologo ad eseguite analisi istologiche. A favore del biologo (e solo a suo favore) esiste una precisa disposizione di legge che afferma espressamente che le analisi istologiche formano oggetto della professione di biologo ( art. 3 lett. g), legge 24 maggio 1967 n. 396).
Dinanzi a così chiara formulazione del testo normativo, non si può certo sostenere che ai biologi sia vietato eseguire analisi istopatologiche, con la conseguenza che, per tale settore di attività, non sarebbe possibile l’equiparazione del trattamento economico delle due categorie di professionisti.
I ricorrenti cercano di sostenere ulteriormente la loro tesi, osservando che nel settore delle analisi istopatologiche e citopatologiche il risultato delle analisi si identifica con le diagnosi; e poiché le diagnosi possono essere eseguite solo dai medici, ne consegue che il biologo, in tale settore, svolge solo una funzione ausiliaria e subalterna, sicché appare del tutto ingiustificata la sua equiparazione economica al personale medico.
Si può convenire con i ricorrenti che nel settore delle analisi istopatologiche e citopatologiche il risultato dell’analisi condiziona fortemente la diagnosi vera e propria, cosicché nel linguaggio non tecnico si può quasi dire che il risultato dell’analisi indica la situazione in cui si trova il paziente.
Ma, seppure in tale settore il risultato dell’analisi condiziona fortemente la diagnosi, tuttavia i due momenti (lettura del reparto e diagnosi) rimangono concettualmente e giuridicamente distinti, come pure ha messo in luce il Consiglio di Stato nella citata decisione n. 308/1986.
Del resto, non sarebbe certo possibile formulare la diagnosi e prescrivere la relativa cura soltanto in base ai risultati delle analisi, prescindendo dall’esame diretto ed obiettivo del paziente. La diagnosi e la terapia debbono essere fatte dal medico curante, che aggiunge ai risultati delle analisi i dati emergenti dall’esame obiettivo e diretto del paziente.
Posto, quindi, che anche nel settore delle analisi istologiche e citopatologiche il momento dell’analisi deve essere tenuto distinto da quello della diagnosi e cura, non si vede perché il trattamento del biologo dovrebbe differire da quello del medico, atteso che il biologo è per legge abilitato ad eseguire le predette analisi e di fatto le esegue in condizioni di parità con i medici.
In conclusione, appare pienamente legittimo che il D.P.R. n. 270/1987 abbia equiparato il trattamento economico dei dipendenti medici e biologici, per quanto attiene alla ripartizione del fondo di incentivazione, senza operare alcuna distinzione fra l’uno e l’altro tipo di laboratori.
Per le considerazioni che procedono, il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Prima, rigetta il ricorso proposto da ?? ed altri, come in epigrafe.
Compensa fra le pareti le spese del giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità Amministrativa. Così deciso a Roma, l’8 giugno 1988, dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Prima, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Alberto de Roberto – Presidente
Anselmo – Consigliere, estensore
Vincenzo Salamone – Referendario

* La riportata Decisione, impugnata dai soccombenti, è stata confermata in toto dal Consiglio di Stato, Sez. IV°, con la Decisione n.565/92.