Decr. L.vo 21 dicembre 1999, n. 517

Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell’articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419. 

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Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12- 01- 2000 – Supplemento Ordinario n. 10.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421;
Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria;
Ritenuto di dover introdurre nel predetto decreto alcune disposizioni correttive, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi indicati dalla citata legge n. 421 del 1992;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 settembre 1993;
Acquisito il parere delle commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 novembre 1993;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro;

EMANA

il seguente decreto

Art. 1.

1. Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è modificato ai sensi dei seguenti articoli.

TESTO COORDINATO

TITOLO I – ORDINAMENTO

Art. 1. Programmazione sanitaria nazionale e definizione dei livelli uniformi di assistenza

1. Gli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione e le linee generali di indirizzo del Servizio sanitario nazionale nonché i livelli di assistenza da assicurare in condizioni di uniformità sul territorio nazionale e i relativi finanziamenti di parte corrente e in conto capitale sono stabiliti con il Piano sanitario nazionale, nel rispetto degli obiettivi della programmazione socioeconomica nazionale e di tutela della salute individuati a livello internazionale e in coerenza con l’entità del finanziamento assicurato al Servizio sanitario nazionale. Il Piano sanitario nazionale è predisposto dal Governo, sentite le Commissioni parlamentari permanenti competenti per la materia, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di presentazione dell’atto. Il Governo, ove si discosti dal parere delle Commissioni parlamentari, è tenuto a motivare. Il Piano è adottato, ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome. Ove non vi sia l’intesa entro trenta giorni dalla data di presentazione dell’atto, il Governo provvede direttamente con atto motivato.
2. Il Piano sanitario nazionale, che ha durata triennale, è adottato dal Governo entro il 31 luglio dell’ultimo anno di vigenza del piano precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del triennio, con la procedura di cui al precedente comma, anche per quanto riguarda i limiti e i criteri di erogazione delle prestazioni e le eventuali forme di partecipazione alla spesa da parte degli assistiti in relazione alle risorse stabilite dalla legge finanziaria.
3. Il Piano sanitario nazionale per il triennio 1994-1996 è adottato entro il 31 luglio 1993.
4. Il piano sanitario nazionale indica:
a) le aree prioritarie di intervento anche ai fini del riequilibrio territoriale delle condizioni sanitarie della popolazione;
b) i livelli uniformi di assistenza sanitaria da individuare sulla base anche di dati epidemiologici e clinici, con la specificazione delle prestazioni da garantire a tutti i cittadini, rapportati al volume delle risorse a disposizione.
c) i progetti-obiettivo da realizzare anche mediante la integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali, fermo restando il disposto dell’articolo 30 della legge 27 dicembre 1993, n. 730, in materia di attribuzione degli oneri relativi;
d) le esigenze prioritarie in materia di ricerca biomedica e di ricerca sanitaria applicata, orientata anche alla sanità pubblica veterinaria, alle funzioni gestionali e alla valutazione dei servizi e delle attività svolte;
e) gli indirizzi relativi alla formazione di base del personale;
f) le misure e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti;
g) i finanziamenti relativi a ciascun anno di validità del piano in coerenza con i livelli uniformi di assistenza.
5. Le Regioni, entro centocinquanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano con le modalità previste dai rispettivi statuti, i Piani sanitari regionali, uniformandoli alle indicazioni del Piano sanitario nazionale, e definendo i modelli organizzativi dei servizi in funzione delle specifiche esigenze del territorio e delle risorse effettivamente a disposizione.
6. La Relazione sullo stato sanitario del Paese, predisposta annualmente dal ministro della Sanità, espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano sanitario nazionale illustra analiticamente e comparativamente costi, rendimenti e risultati delle unità del Servizio e fornisce indicazioni per l’ulteriore programmazione. La Relazione fa menzione dei risultati conseguiti dalle Regioni in riferimento all’attuazione dei Piani sanitari regionali.
7. Su richiesta delle Regioni o direttamente, il ministero della Sanità promuove forme di collaborazione nonché l’elaborazione di apposite linee guida, in funzione dell’applicazione coordinata del Piano sanitario nazionale e della normativa di settore, salva l’autonoma determinazione regionale in ordine al loro recepimento. Per quest’attività il ministero si avvale dell’Agenzia per l’organizzazione dei servizi sanitari regionali.

Art. 2. Competenze regionali

1. Spettano alle Regioni e alle Province autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative e amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera.
2. Spettano in particolare alle Regioni la determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unità sanitarie locali e aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie.

Art. 3. Organizzazione delle unità sanitarie locali

1. L’unità sanitaria locale è azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, fermo restando il diritto-dovere degli organi rappresentativi di esprimere il bisogno socio-sanitario delle comunità locali.
2. L’unità sanitaria locale provvede ad assicurare i livelli di assistenza di cui all’articolo 1 nel proprio ambito territoriale.
3. L’unità sanitaria locale può assumere la gestione di attività o servizi socio-assistenziali su delega dei singoli Enti locali con oneri a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale, e con specifica contabilizzazione. L’unità sanitaria locale procede alle erogazioni solo dopo l’effettiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie.
4. Sono organi dell’unità sanitaria locale il direttore generale e il collegio dei revisori. Il direttore generale è coadiuvato dal direttore amministrativo, dal direttore sanitario e dal consiglio dei sanitari nonché dal coordinatore dei servizi sociali, nel caso previsto dal comma 3 in conformità alla normativa regionale e con oneri a carico degli Enti locali di cui allo stesso comma.
5. Le Regioni disciplinano, entro il 31 marzo 1994, nell’ambito della propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento delle unità sanitarie locali prevedendo tra l’altro:
a) la riduzione, sentite le Province interessate, delle unità sanitarie locali, prevedendo per ciascuna un ambito territoriale coincidente di norma con quello della Provincia. In relazione a condizioni territoriali particolari, in specie delle aree montane, e alla densità e distribuzione della popolazione, la Regione prevede ambiti territoriali di estensione diversa;
b) l’articolazione delle unità sanitarie locali in distretti;
c) i criteri per la definizione dei rapporti attivi e passivi facenti capo alle preesistenti unità sanitarie locali e unità socio-sanitarie locali;
d) il finanziamento delle unità sanitarie locali che tenga conto della natura aziendale delle stesse nonché del bacino d’utenza da servire e delle prestazioni da erogare;
e) le modalità di vigilanza e controllo sulle unità sanitarie locali;
f) il divieto alle unità sanitarie locali e alle aziende ospedaliere di cui all’articolo 4 di ricorrere a qualsiasi forma di indebitamento, fatte salve:
1) l’anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo dell’ammontare annuo delle entrate previste nel bilancio di competenza, al netto delle partite di giro;
2) la contrazione di mutui o l’accensione di altre forme di credito, di durata non superiore a dieci anni, per il finanziamento di spese di investimento e previa autorizzazione regionale, fino a un ammontare complessivo delle relative rate, per capitale e interessi, non superiore al 15 per cento delle entrate proprie correnti previste nel bilancio annuale di competenza, a esclusione della quota di Fondo sanitario nazionale di parte corrente attribuita alla Regione;
g) i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli uffici dirigenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere nonché i criteri per l’attuazione della mobilità del personale risultato in esubero, ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni e integrazioni.
6. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza della unità sanitaria locale, sono riservati al direttore generale. Al direttore generale compete in particolare, anche attraverso l’istituzione dell’apposito servizio di controllo interno di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite e introitate nonché l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa. Il direttore generale è nominato, previo specifico avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, dalla Regione, tra gli iscritti nell’apposito elenco nazionale istituito presso il ministero della Sanità di cui al comma 10. La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell’ufficio e, in sede di prima applicazione, dalla data di istituzione della unità sanitaria locale e comunque non oltre il 30 aprile 1994.
Scaduto tale termine, qualora la Regione non vi abbia provveduto, la nomina del direttore generale è effettuata previa diffida, dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della Sanità. L’autonomia di cui al comma 1 diviene effettiva con la prima immissione nelle funzioni del direttore generale.
Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario è a tempo pieno, regolato da contratto di diritto privato di durata quinquennale, rinnovabile, e non può comunque protrarsi oltre il settantesimo anno di età. I contenuti di tale contratto, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono fissati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei ministri della Sanità, del Tesoro, del Lavoro e della Previdenza Sociale e per gli Affari Regionali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome. Il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal direttore sanitario, dal direttore amministrativo e dal consiglio dei sanitari. In caso di vacanza dell’ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anziano per età. Ove l’assenza o l’impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione. Nei casi in cui ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o di principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, la regione risolve il contratto dichiarandone la decadenza e provvede alla sostituzione del direttore generale. In caso di inerzia da parte delle regioni, previo invito ai predetti organi ad adottare le misure adeguate, provvede in via sostitutiva il Consiglio dei ministri su proposta del ministro della Sanità.
7. Il direttore amministrativo e il direttore sanitario sono nominati con provvedimento motivato del direttore generale. Al rapporto di lavoro si applica la disciplina di cui al comma 6. Essi cessano dall’incarico entro 3 mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale e possono essere riconfermati. Per gravi motivi; il direttore amministrativo ed il direttore sanitario possono essere sospesi o dichiarati decaduti dal direttore generale con provvedimento motivato. Il direttore sanitario è un medico in possesso della idoneità nazionale di cui all’articolo 17 che non abbia compiuto il 65° anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione. Il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi e igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche, che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione. Il direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi della unità sanitaria locale e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Le regioni disciplinano le funzioni del coordinatore dei servizi sociali in analogia alle disposizioni previste per i direttori sanitario e amministrativo. Sono soppresse le figure del coordinatore amministrativo, del coordinatore sanitario e del sovrintendente sanitario, nonché l’ufficio di direzione.
8. Per i pubblici dipendenti la nomina a direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario determina il collocamento in aspettativa senza assegni; il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell’anzianità di servizio. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei relativi contributi, comprensivi delle quote a carico del dipendente, nonché dei contributi assistenziali, calcolati sul trattamento stipendiale spettante al medesimo ed a richiedere il rimborso del correlativo onere alle unità sanitarie locali interessate, le quali procedono al recupero delle quote a carico dell’interessato. Qualora il direttore generale, il direttore sanitario ed il direttore amministrativo siano dipendenti privati sono collocati in aspettativa senza assegni con diritto al mantenimento del posto.
9. Il direttore generale non è eleggibile a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e assemblea delle regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi. In caso di scioglimento anticipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell’unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. Il direttore generale che sia stato candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque anni le sue funzioni in unità sanitarie locali comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni. La carica di direttore generale è incompatibile con quella di membro del consiglio e delle assemblee delle regioni e delle province autonome, di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore di comunità montane, di membro del Parlamento, nonché con l’esistenza di rapporti anche in regime convenzionale con la unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni od i rapporti economici o di consulenza con strutture che svolgono attività concorrenziali con la stessa. La predetta normativa si applica anche ai direttori amministrativi e ai direttori sanitari. La carica di direttore generale è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con l’unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni.
10. Il ministero della Sanità cura la tenuta e l’aggiornamento dell’elenco dei soggetti in possesso dei requisiti per lo svolgimento della funzione di direttore generale. L’elenco è predisposto, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, da una commissione nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della Sanità, e composta da un magistrato del Consiglio di Stato con funzioni di presidente di sezione, che la presiede, dal direttore generale della Direzione generale del ministero della Sanità che cura la tenuta dell’elenco e da altri cinque membri, individuati tra soggetti estranei all’amministrazione statale e regionale in possesso di comprovate competenze ed esperienze nel settore dell’organizzazione e della gestione dei servizi sanitari, rispettivamente uno dal presidente del Consiglio dei ministri, uno dal Cnel, uno dal ministro della Sanità e due dal presidente della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Nella provincia autonoma di Bolzano e nella regione Valle d’Aosta i direttori generali sono individuati tra gli iscritti in apposito elenco, rispettivamente provinciale e regionale, predisposto da una commissione nominata dal presidente della Provincia autonoma di Bolzano e della regione Valle d’Aosta e i cui membri sono nominati con le stesse modalità previste per la commissione nazionale. Gli elenchi sono predisposti nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di bilinguismo e, in Provincia autonoma di Bolzano, di riserva proporzionale dei posti nel pubblico impiego. I predetti elenchi provinciale e regionale sono costituiti con l’osservanza dei principi e dei criteri fissati per gli elenchi nazionali e hanno validità limitata ai territori provinciale e regionale. La commissione provvede alla costituzione ed all’aggiornamento dell’elenco secondo principi direttivi resi pubblici ed improntati a criteri di verifica dei requisiti. All’elenco possono accedere, a domanda, i candidati che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età, che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici e documentati requisiti, coerenti rispetto alle funzioni da svolgere ed attestanti qualificata attività professionale di direzione tecnica o amministrativa in enti, strutture pubbliche o private di media o grande dimensione, con esperienza acquisita per almeno cinque anni e comunque non oltre i due anni precedenti a quello dell’iscrizione. il predetto elenco deve essere altresì integrato ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270.
11. Non possono essere nominati direttori generali, direttori amministrativi o direttori sanitari delle unità sanitarie locali:
1) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, a pena detentiva non inferiore a un anno per delitto non colposo ovvero a pena detentiva non inferiore a sei mesi per delitto non colposo commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 166 del codice penale;
2) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza;
3) coloro che sono stati sottoposti, anche con provvedimento non definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della riabilitazione prevista dall’articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n.327, e dall’articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
4) coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata.
12. Il consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell’unità sanitaria locale con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal direttore sanitario. Fanno parte del consiglio medici in maggioranza ed altri operatori sanitari laureati – con presenza maggioritaria della componente ospedaliera medica se nella unità sanitaria locale è presente un presidio ospedaliero – nonché una rappresentanza del personale infermieristico e del personale tecnico sanitario. Nella componente medica è assicurata la presenza del medico veterinario. Il consiglio dei sanitari fornisce parere obbligatorio al direttore generale per le attività tecnico-sanitarie anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti a esse attinenti. Il consiglio dei sanitari si esprime altresì sulle attività di assistenza sanitaria. Tale parere è da intendersi favorevole ove non formulato entro il termine fissato dalla legge regionale. La regione provvede a definire il numero dei componenti nonché a disciplinare le modalità di elezione e la composizione ed il funzionamento del consiglio.
13. Il collegio dei revisori dura in carica cinque anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dalla Regione, uno designato dal ministro del Tesoro, scelto tra i funzionari della Ragioneria generale dello Stato e uno designato dal sindaco o dalla conferenza dei sindaci o dai presidenti dei consigli circoscrizionali. Il predetto collegio è integrato da altri due membri, dei quali uno designato dalla regione e uno designato dal ministro del Tesoro scelto tra i funzionari della Ragioneria generale dello Stato, per le Unità sanitarie locali il cui bilancio di previsione comporti un volume di spesa di parte corrente superiore a duecento miliardi. I revisori, a eccezione della rappresentanza del ministero del Tesoro, sono scelti tra i revisori contabili iscritti nel registro previsto dall’articolo 1 del Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88. Il direttore generale dell’Unità sanitaria locale nomina i revisori con specifico provvedimento e li convoca per la prima seduta. Il Presidente del collegio viene eletto dai revisori all’atto della prima seduta. Ove a seguito di decadenza, dimissioni o decessi il collegio risultasse mancante di uno o più componenti, il direttore generale provvede ad acquisire le nuove designazioni dalle amministrazioni competenti in caso di mancanza di più di due componenti dovrà procedersi alla ricostituzione dell’intero collegio. Qualora il direttore generale non proceda alla ricostituzione del collegio entro trenta giorni, la Regione provvede a costituirlo, in via straordinaria con un funzionario della Regione e due designati dal ministro del Tesoro. Il collegio straordinario cessa le proprie funzioni all’atto dell’insediamento del collegio ordinario. L’indennità annua lorda spettante ai componenti del collegio dei revisori è fissata in misura pari al 10% degli emolumenti del direttore generale dell’Unità sanitaria locale. Al presidente del collegio compete una maggiorazione pari al 20% dell’indennità fissata per gli altri componenti.
Il collegio dei revisori vigila sull’osservanza delle leggi, verifica la regolare tenuta della contabilità e la corrispondenza del rendiconto generale alle risultanze delle scritture contabili, esamina il bilancio di previsione e le relative variazioni e assestamento. Il collegio accerta almeno ogni trimestre la consistenza di cassa e può chiedere notizie al direttore generale sull’andamento dell’Unità sanitaria locale. I revisori possono, in qualsiasi momento, procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo.
14. Nelle Unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con quello del comune, il sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della popolazione, provvede alla definizione, nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione programmatica dell’attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione e il bilancio di esercizio e rimette alla Regione le relative osservazioni, verifica l’andamento generale dell’attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale e alla Regione. Nelle Unità sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide con il territorio del comune, le funzioni del sindaco sono svolte dalla conferenza dei sindaci o dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento territoriale tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque componenti nominati dalla stessa conferenza con modalità di esercizio delle funzioni dettate con normativa regionale.