Roma, 28 febbraio 2022 (AgOnb) – La crescita stagionale e lo scioglimento del ghiaccio marino durante il riscaldamento influisce sulla produttività biologica dei mari attorno all’Antartide, giocando un ruolo fondamentale nel raccogliere anidride carbonica dall’atmosfera e immagazzinandola nelle profondità oceaniche. Emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Geoscience e condotto da un team internazionale di esperti, che hanno sottolineato l’importanza del ghiaccio in Antartide per la gestione della CO2.
Durante un periodo noto come inversione del freddo antartico si è verificata un’apparente interruzione nella crescita di anidride carbonica di 1.900 anni e il nostro lavoro potrebbe aiutare a spiegare questo accadimento. Dopo l’ultima era glaciale, circa 18mila anni fa, il mondo è passato naturalmente al caldo mondo interglaciale in cui viviamo oggi”, spiega Michael Weber, dell’Istituto di Geoscienze presso l’Università di Bonn, aggiungendo che durante questo periodo, la CO2 è aumentata del 47 percento in circa settemila anni, seguendo un andamento non costante.
“Non conoscevamo ancora le ragioni di questa inversione, ma ora abbiamo scoperto che nei nuclei di sedimenti situati nella zona di ghiaccio marino dell’Oceano Meridionale la produttività biologica è aumentata durante questo periodo critico, mentre è diminuita più a nord, al di fuori della zona di ghiaccio marino”, continua l’esperto, precisando che per comprendere come il continente antartico avesse registrato questi eventi è stata instaurata una collaborazione con la Keele University, nel Regno Unito e la University of New South Wales (UNSW) a Sydney, in Australia.
Gli scienziati hanno raccolto dati nella Patriot Hills Blue Ice Area, registrando informazioni su biomarcatori marini catturati in carote di ghiaccio. “Comprendere le motivazioni della lunga interruzione durante l’inversione del freddo può essere fondamentale per capire il potenziale dell’Oceano Meridionale per moderare la CO2 atmosferica”, sostiene Chris Fogwill della Keele University.
“La pandemia ha dimostrato che possiamo ridurre le emissioni, dobbiamo ancora comprendere come i processi naturali possano influire nella stabilizzazione dei livelli di CO2 in atmosfera, e queste conoscenze potrebbero rivelarsi fondamentali per sviluppare metodi di approccio in grado di consentirci di rispettare gli accordi di Parigi”, affermano i ricercatori. “I nostri risultati dimostrano un marcato aumento del numero e della diversità degli organismi marini nel corso dei 1.900 anni dell’inversione. I modelli climatici hanno rivelato che durante questo periodo si sono verificati i maggiori cambiamenti stagionali nell’estensione del ghiaccio marino tra estate e inverno”, prosegue Fogwill.
“Il nostro lavoro fornisce le prime prove di un aumento nella produttività biologica e suggerisce che i processi nella zona dell’Oceano Antartico potrebbero aver provocato l’inversione del freddo. Proseguiremo gli studi per elaborare modelli climatici in grado di migliorare le previsioni future. Speriamo di riuscire a risolvere alcune delle incertezze relative alle proiezioni climatiche e aiutare la società ad adattarsi al riscaldamento futuro”, conclude Weber. (AgOnb) Matteo Piccirilli 10:00