Una rivoluzione nella lotta al neuroblastoma, il tumore solido extracranico più frequente in età pediatrica e tra i più difficili da curare. Lo studio finale sulla terapia Car-T GD2, sviluppata dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Medicine, segna un punto di svolta per la medicina pediatrica.
Il trial clinico, avviato nel 2018 e condotto su 54 bambini, ha dimostrato che questa forma avanzata di immunoterapia è sicura ed efficace: il 40% dei piccoli pazienti ha raggiunto la remissione completa a sei mesi dall’infusione, mentre due su tre hanno risposto positivamente al trattamento. I dati più incoraggianti riguardano i pazienti trattati precocemente, dopo non più di due linee di terapie convenzionali, per i quali la sopravvivenza a cinque anni si avvicina al 90%. Ancora più sorprendenti i risultati nei bambini in cui i linfociti T sono stati raccolti già alla diagnosi: la sopravvivenza a cinque anni ha raggiunto il 100%.
Il profilo di sicurezza della terapia è stato confermato: nessun nuovo segnale di tossicità e, nei rari casi di neurotossicità severa, è stato possibile intervenire rapidamente grazie al sistema di sicurezza genetico iC9. Questi risultati aprono la strada alla possibilità di rendere le Car-T GD2 parte integrante delle cure standard per il neuroblastoma refrattario o recidivante, offrendo così ai bambini colpiti da questa grave malattia una concreta prospettiva di guarigione duratura.
Il Bambino Gesù è già al lavoro su un nuovo studio multicentrico europeo di fase II, approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA), che coinvolgerà diversi Paesi e centri specializzati, con l’obiettivo di confermare i risultati su scala internazionale e rendere queste terapie disponibili a un numero sempre maggiore di piccoli pazienti.
Un traguardo reso possibile grazie al sostegno di AIRC, Ministero della Salute, AIFA, MUR, Unione Europea – Next Generation EU, insieme a fondazioni, biotech e centri di ricerca internazionali. Un esempio concreto di come la ricerca italiana, sostenuta da una rete di collaborazioni, possa davvero cambiare la storia di una malattia.