Roma 30 marzo 2025 (Agenbio) – In Italia, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’aspettativa di vita si attesta intorno agli 82 anni, ma quella in buona salute si ferma a 71. Questo significa che gli ultimi dieci anni della vita sono spesso segnati da malattie croniche, molte delle quali legate all’invecchiamento. Un dato particolarmente rilevante, considerando che un quarto della popolazione italiana ha già superato i 65 anni, quota destinata a crescere nei prossimi decenni.
Tra le malattie più diffuse e temute nella terza età c’è il cancro. Circa una persona su cinque riceverà una diagnosi oncologica nel corso della propria vita, e la metà di queste diagnosi riguarda soggetti con più di 70 anni. Nonostante i tumori possano insorgere a qualsiasi età, la loro incidenza cresce con l’avanzare degli anni, facendo del cancro una vera e propria “malattia dell’invecchiamento”. Tuttavia, la comprensione dei meccanismi che collegano invecchiamento e sviluppo tumorale è ancora incompleta e rappresenta uno dei fronti più attivi della ricerca biomedica.
Un contributo significativo in questo campo arriva dal lavoro di revisione condotto da Lucrezia Trastus, ricercatrice di IFOM, e da Fabrizio d’Adda di Fagagna, direttore del laboratorio “Risposta al danno al DNA e senescenza cellulare” di IFOM e dirigente di ricerca al CNR-Igm di Pavia. Il loro studio, pubblicato su Nature Aging, analizza le più recenti evidenze scientifiche sulla connessione tra invecchiamento e cancro, con un focus su tre elementi chiave: il danno al DNA, la senescenza cellulare e la risposta immunitaria.
Durante l’invecchiamento, infatti, si accumulano mutazioni genetiche, i telomeri (le estremità dei cromosomi) si accorciano, le cellule entrano in uno stato di senescenza e il sistema immunitario perde efficienza. Tutti questi fattori possono favorire, direttamente o indirettamente, la comparsa di tumori. «Paradossalmente -osserva d’Adda di Fagagna- la senescenza cellulare, che accelera l’invecchiamento, può essere anche un meccanismo di difesa antitumorale, perché blocca la proliferazione di cellule danneggiate».
Trastus aggiunge: «Modificare la lunghezza dei telomeri o eliminare le cellule senescenti negli animali da laboratorio ha permesso di chiarire l’importanza di questi processi. Possiamo ora immaginare terapie antitumorali mirate proprio a questi meccanismi biologici».
Il gruppo di ricerca, finanziato da AIRC, ERC e PNRR, lavora da oltre vent’anni su questi temi. Il lavoro di revisione ha anche evidenziato alcune criticità negli studi preclinici, come le differenze biologiche tra uomo e animali modello, che possono portare a risultati fuorvianti. Un esempio sono i tumori negli animali anziani si sviluppano spesso più lentamente che nei giovani, in apparente contrasto con quanto avviene nell’uomo.
Lo studio, oltre a offrire una sintesi aggiornata sul tema, fornisce preziose indicazioni metodologiche per migliorare la qualità della ricerca in questo campo. «Un approccio integrato che tenga conto sia dei meccanismi dell’invecchiamento che di quelli del cancro – conclude d’Adda di Fagagna – potrebbe rivoluzionare la prevenzione e la cura di entrambe le condizioni. Già oggi numerosi studi clinici stanno testando farmaci nati per combattere i tumori nel trattamento dell’invecchiamento, e viceversa». (Agenbio) Eleonora Caruso 9:00