Il Dna ci aiuta a scoprire il volto del pittore Raffaello Sanzio

Roma, 12 agosto 2020 (AgOnb) – Nel 500° anniversario dalla morte, sciolto ogni dubbio: i resti custoditi nella tomba del Pantheon sono di Raffaello. L’analisi del calco in gesso del cranio, ad opera di Camillo Torrenti nel 1833, ha permesso la ricostruzione facciale 3D del volto: così da stabilire che quello scheletro fosse del Sanzio. La ricerca è stata condotta dal Centro di Antropologia molecolare per lo studio del Dna antico del Dipartimento di Biologia dell’Università di Tor Vergata, insieme alla Fondazione Vigamus e l’Accademia Raffaello di Urbino, e sarà pubblicata su “Nature”. Il dubbio sull’identità di quei resti ha tormentato per secoli gli appassionati. «Non vi era certezza che fossero del Sanzio» dichiara Mattia Falconi, associato di Biologia molecolare all’Università Tor Vergata. «La ricostruzione facciale ricrea con buona approssimazione, il volto di una persona. Una tecnica, già utilizzata per svelare i volti di resti craniali di rilevanza archeologica, storica, nonché in ambito forense» spiegano Cristina Martinez-Labarga, associato di Antropologia forense a Tor Vergata, e Raoul Carbone, presidente della Fondazione Vigamus. «L’analisi morfologica e metrica del calco, ha permesso di stabilire che il cranio, apparteneva a Raffaello. I risultati finali sono coerenti e sovrapponibili con il profilo del grande Urbinate» ha osservato il professor Falconi. «Questa è una prova concreta che lo scheletro riesumato appartenga a Raffaello – spiega Olga Rickards, ordinario di Antropologia molecolare all’Università Tor Vergata – e apre a futuri studi molecolari sui resti scheletrici, per convalidare l’identità e determinare caratteri del personaggio legati al Dna come: caratteri fenotipici, provenienza e la presenza di eventuali marcatori genetici che predispongono per malattie». (AgOnb) Mmo 11:30