Miele e rischi per gli infanti nel Sistema HACCP

Recentemente mi è stato chiesto da un collega quali potessero essere i rischi igienici connessi alla produzione e consumo di miele.

 

RISPOSTA

 

Il miele rappresenta il prodotto ultimo di un elaborato processo operato dalle api (a partire dal nettare dei fiori ed in alcuni casi anche dalla melata) e da successive lavorazioni manuali e/o meccaniche. Esso è un alimento ricco di sali minerali (soprattutto oligoelementi: rame, ferro, manganese, cromo, iodio, ecc., in maggiore quantità soprattutto nei mieli scuri), enzimi, vitamine (A, K, C, E complesso B) e di zuccheri semplici di pronta ed immediata assimilazione (monosaccaridi quali il glucosio e il fruttosio).
Tale composizione rende questo alimento ricco di specifiche proprietà benefiche.

La produzione del miele può essere riassunta come segue:

A)    estrazione del miele dai favi contenuti nei melari a loro racchiusi nei favi. Fondamentalmente questa è l’unica fase che avviene all’aperto e nella quale vengono adoperati particolari utensili (es. soffiatori);
B)    stoccaggio dei melari in laboratorio, misurazione del grado di umidità (usando il mielometro) ed eventuale deumidificazione;
C)    eliminazione degli opercoli (disopercolatura) dai melari. Operazione che può essere manuale (attraverso specifici utensili) o completamente meccanica (disopercolatrice);
D)    smielatura (centrifugazione), filtrazione (per eliminare eventuali presenze di cere) e convogliamento del miele grezzo nei maturatori;
E)    decantazione del miele al fine di eliminare (sotto forma di bollicine che formano una sorta di schiuma in superficie) l’eventuale presenza di aria;
F)    schiumatura (eliminazione della schiuma prodottasi);
G)    eventuale cristallizzazione. Processo praticato in alcuni paesi (es. Stati Uniti) consistente nel determinare la cristallizzazione del miele e quindi nel renderlo più compatto e spalmabile (caratteristica spesso gradita per scopi commerciali);
H)    invasettamento ed apposizione dell’etichetta;
I)    stoccaggio e commercializzazione. Queste ultime fasi possono risultare critiche in quanto se il miele viene esposto a temperature elevate (radiazioni dirette per esposizione al sole, fonti di calore, ecc.) oppure ad elevata umidità si possono verificare sgradevoli variazioni organolettiche e chimiche che rendono il prodotto non commerciabile.

Senza entrare nel dettaglio di ogni specifica lavorazione del miele, dei potenziali pericoli fisici, chimici e microbiologici, dei CCP, delle azioni preventive, di monitoraggio/controllo e correttive, che variano a seconda del tipo di lavorazione del miele, e che quindi lascio alla professionalità di ogni consulente, si può affermare che sicuri rischi igienico-sanitari possono nascere proprio durante le ultime fasi di lavorazione: stoccaggio e trasporto del miele. Infatti è proprio durante questi momenti che si può verificare un’alterazione del prodotto che può portare alla degradazione del monosaccaride fruttosio il quale genera HMF (idrossimetilfurfurale), composto praticamente assente nel miele fresco (solitamente espresso in mg/kg), che in sostanza funge da indicatore della buona conservazione e del tipo di lavorazione del miele (di norma il miele non industriale ne è povero).

Un rischio che potrebbe derivare dal consumo del miele è il cosiddetto “botulismo infantile”. Molto spesso le mamme danno del miele ai lattanti con l’obiettivo di mitigare il pianto dei loro piccoli (azione ipotensiva e miglioramento del sonno spesso attribuite al miele). Tale pratica in alcuni paesi (Stati Uniti, Europa, ecc.) ha portato a dei casi di questa forma clinica di recente identificazione (i primi casi furono studiati negli anni ’70) dovuta all’accidentale presenza di spore di Clostridium botulinum nel miele le quali, grazie al pH poco acido dello stomaco dei neonati e alla loro incompleta flora intestinale (alcune volte generata anche dalla somministrazione di antibiotici), si sviluppano generando il batterio anaerobico il quale riesce a moltiplicarsi aumentando di numero e producendo la tossina che causa la malattia (con un quadro clinico molto ampio: alcune volte pressoché asintomatico altre volte invece con i classici sintomi del botulismo) che può portare anche alla morte.

In base alle attuali conoscenze parrebbe che la probabilità di Botulismo Infantile ad opera del consumo di miele sia molto bassa. Alcuni sostengono che le spore del C. botulinum potrebbero trovarsi all’interno delle confezioni di miele altri invece ritengono che arrivino agli infanti attraverso la polvere (spesso ricca di spore) ed eventuale terriccio che accidentalmente (contaminazione ambientale), o per poca igiene, inquina gli utensili adoperati dalle madri nella preparazione delle loro somministrazioni (contenitori, cucchiaini, tettarelle, ecc.).
In letteratura vi sono tantissimi studi in proposito e sul Botulismo Infantile che si consiglia vivamente di visionare soprattutto in virtù di eventuali consulenze nel settore dell’apicoltura.

L’origine delle spore di C. botulinum all’interno dei contenitori potrebbe essere di tipo ambiente (cioè verificarsi durante la raccolta o la manipolazione del miele ad opera dell’uomo) quindi queste fasi risultano molto critiche dal punto di vista igienico di conseguenza dovrebbero portare il consulente Biologo ad un attento studio dei potenziali rischi e a come prevenirli e monitorarli. L’eventuale sterilizzazione del miele confezionato (trattamento termico post-produzione) spesso è inconciliabile con quelle che devono essere le caratteristiche tipiche del prodotto finito.

Dalla sintetica analisi sopra effettuata appare evidente che il miele non costituisce un rischio per l’alimentazione umana, anzi rappresenta un prodotto dalle pregevoli caratteristiche (che lo stesso scrivente consuma in quantità considerevoli), ma che sarebbe opportuno non somministrare agli infanti con età inferiore ai 12 mesi.

Sicuramente emerge la necessità, da parte degli OSA, di maggiori attenzioni igienico-sanitarie durante alcune fasi del ciclo produttivo (cosciente analisi del rischio) e soprattutto la necessità di riportare in etichetta delle specifiche diciture informative quale ad esempio la frase “Il miele non è adatto all’alimentazione dei lattanti di età inferiore ai 12 mesi” come raccomandato in alcuni paesi (Germania, Norvegia, Stati Uniti, ecc.).

Insomma bisognerebbe effettuare una corretta “comunicazione del rischio” senza quindi creare inutili allarmismi.

 

 

Dr. Luciano O. Atzori
Consigliere Segretario dell’Ordine Nazionale dei Biologi
Coordinatore della Commissione permanente di Studio “Igiene, Sicurezza e Qualità” dell’ONB