Circolare 2 febbraio 1987, n. 1

Legge 11 ottobre 1986, n.713. Norme per l’ attuazione delle direttive della Comunità economica europea sulla produzione e la vendita dei cosmetici.

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MINISTERO DELLA SANITÀ

G.U. 23.2.1987, n. 44

Nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 30 ottobre u.s. è stata pubblicata la legge 11 ottobre 1986, n. 713, recante norme per l’attuazione delle direttive della Comunità economica europea sulla produzione e la vendita dei cosmetici.
Per evitare incertezze nell’applicazione della nuova disciplina, entrata in vigore il 14 novembre, questa amministrazione, senza soffermarsi ad analizzare l’intero testo legislativo, che risulta per ampia parte di chiaro significato, ritiene opportuno fornire indicazioni su alcuni punti che – tenuto conto dei quesiti nel frattempo pervenuti da autorità locali e da associazioni ed enti interessati – sembrano dar adito alle maggiori perplessità interpretative.

1. Obbligo , per le imprese produttrici e importatrici , di comunicare all’ autorità sanitaria le sostanze impiegate nella preparazione dei cosmetici

La materia è disciplinata da tre diversi articoli che non hanno trovato un idoneo coordinamento in sede parlamentare.
L’art. 5 fa obbligo alle imprese produttrici e importatrici di comunicare al Ministero della sanità, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, anche attraverso le relative associazioni, "gli elenchi delle sostanze e dei prodotti impiegati nella preparazione dei cosmetici".
L’art. 10, ai commi 5 e 6, stabilisce che chiunque intenda produrre e confezionare in proprio o per conto terzi i prodotti di cui all’art. 1 deve darne comunicazione scritta almeno trenta giorni prima dell’inizio dell’attività al Ministero della sanità e alla regione, facendo conoscere – fra l’altro – l’ "elenco completo e dettagliato delle sostanze impiegate e di quelle contenute nel prodotto commerciale".
Il comma 7 dello stesso art. 10, nell’imporre una nuova comunicazione in caso di mutamento dei dati, non estende espressamente l’obbligo di aggiornamento alle notizie sulle sostanze impiegate.
Il successivo comma 8 sembrerebbe escludere da un simile obbligo gli importatori, limitando il contenuto della comunicazione che essi devono effettuare alle sole notizie concernenti il nome o la ragione sociale e la sede legale dell’impresa e dell’officina di produzione.
Infine, l’art. 15, settimo comma, stabilisce che chiunque produce, confeziona o importa prodotti cosmetici alla data di entrata in vigore della legge può proseguire nell’attività "purché presenti la comunicazione di cui ai commi 5, 6, 7 e 8 dell’art. 10 entro novanta giorni dalla predetta data".
Ad avviso di questa amministrazione, alcune delle incongruenze e contraddittorietà desumibili dal confronto delle disposizioni ora richiamate possono essere definitivamente risolte solo con un opportuno intervento legislativo. Nel rispetto del testo oggi vigente, peraltro, si può osservare quanto segue.
A) Per la comunicazione degli elenchi delle sostanze, coloro che già producono e importano cosmetici debbono osservare il termine improrogabile di sei mesi. Nel contrasto, su questo specifico punto, fra la disposizione dell’art. 5 (che prevede il termine semestrale) e quella dell’art. 15 comma 7 (che prevede un termine di novanta giorni), sembra corretto far prevalere la prima, in quanto diretta in modo specifico ed esclusivo a disciplinare la notifica delle sostanze, mentre la seconda attiene all’obbligo di comunicazione di una più ampia serie di notizie.
In altre parole, produttori e importatori dovranno, entro novanta giorni, comunicare al Ministero della sanità e alla regione gli elementi di cui ai punti a), b) e c) del comma 6 dell’art. 10 (nome o ragione sociale e sede legale dell’impresa e dell’officina di produzione; descrizione dei locali e delle attrezzature – da cui risulti la loro idoneità, sotto il profilo tecnico ed igienico – al tipo di produzione che si intende effettuare; documentazione comprovante l’acquisto o il leasing delle attrezzature; generalità e qualifica del direttore tecnico); ma potranno riservarsi di completare in seguito (comunque, entro i sei mesi dall’entrata in vigore della legge) la stessa comunicazione per quanto attiene ai dati relativi alle sostanze.
Gli elenchi dovranno, in ogni caso, specificare separatamente le sostanze che si ritrovano nei cosmetici posti in commercio da quelle impiegate nel processo produttivo, ma non presenti nel prodotto finito.
B) Tutti i produttori sono tenuti a comunicare le sostanze impiegate e contenute nei prodotti. Dal disposto del comma 5 dell’art. 10 si evince chiaramente che l’obbligo grava anche sulle imprese che si limitano a confezionare i prodotti cosmetici. Quando queste ultime non siano a conoscenza delle sostanze utilizzate, dovranno precisare il fornitore del prodotto non confezionato.
Chi produce per conto terzi dovrà trasmettere gli elenchi delle sostanze distinti per cliente, al fine di consentire all’amministrazione sanitaria di conoscere a quali prodotti immessi sul mercato si riferiscono effettivamente i dati forniti.
C) Per quanto riguarda gli importatori, si raccomanda che anche coloro che inizieranno l’attività in futuro comunichino le sostanze impiegate e contenute nei prodotti, sebbene il comma 8 dell’art 10 non renda obbligatorio questo adempimento. Resta fermo l’obbligo di comunicazione per gli importatori già in attività al momento dell’entrata in vigore della legge.
D) Parimenti, si raccomanda che le comunicazioni da parte dei produttori e degli importatori vengano inviate con periodicità almeno semestrale, anche in caso di utilizzazione di ulteriori sostanze rispetto a quelle inizialmente impiegate.
E) Ove possibile, le notizie sulle sostanze saranno fornite per tipo di prodotto. A tal fine, si potrà fare riferimento alle categorie indicate nell’allegato I alla legge, con ulteriori specificazioni, se ritenute necessarie.
F) Le comunicazioni devono essere dirette, oltreché al Ministero della sanità – Direzione generale del servizio farmaceutico, alla regione territorialmente competente. Al fine di stabilire la competenza territoriale, tenuto conto che trattasi di dati utilizzabili anche ai fini della vigilanza sull’officina produttrice, deve aversi riguardo alla sede dello stabilimento di produzione o confezionamento e non alla sede legale dell’impresa, se diversa dalla prima. In mancanza di più precise indicazioni da parte regionale, la comunicazione diretta alla regione dovrà essere indirizzata all’assessorato alla sanità.

2. Comunicazione contenente la " Descrizione dei locali e delle attrezzature dalle quali risulti che essi sono idonei sotto il profilo tecnico ed igienico al tipo di produzione che si intende effettuare e la documentazione comprovante l’ acquisto o il leasing delle altre attrezzature sopradette " ( art. 10 , comma 6 lettera b) ; art. 15 comma 7 )

In attesa che da parte di questo Ministero venga emanato, di concerto con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale; il decreto previsto dall’art. 10, comma 4 della legge, la descrizione dei locali e delle attrezzature dovrà contenere tutti gli elementi che a giudizio del produttore, risultano sufficienti a dimostrare che l’officina è, sotto il profilo tecnico igienico, idonea al tipo di produzione che si intende effettuare. Dopo l’emanazione del predetto decreto, ciascuna comunicazione dovrà includere tutte le notizie che consentano di verificare l’idoneità dello stabilimento alla stregua dei requisiti previsti nel decreto ministeriale. Se una comunicazione inoltrata prima del decreto risulti insufficiente alla luce dei sopravvenuti criteri; essa dovrà essere rinnovata.

3. Obbligo di riportare sugli imballaggi , recipienti o etichette dei prodotti cosmetici il nome o la ragione sociale e la sede legale del fabbricante o del responsabile dell’ immissione sul mercato ( art. 8. comma 1 lettera a) )

Tenuto conto, sia della differente formulazione utilizzata dal legislatore italiano rispetto al testo della direttiva comunitaria, sia dei precisi obblighi che la legge impone ai fabbricanti e agli importatori, la disposizione richiamata deve intendersi riferita all’indicazione del produttore italiano o del responsabile in Italia dell’immissione in commercio del prodotto.
L’adempimento richiesto dalla norma è soddisfatto se:
sui prodotti d’importazione è indicata l’azienda italiana che assume la responsabilità dell’immissione in commercio in Italia (ferma restando la facoltà di riportare anche il nome del produttore estero);
sui prodotti fabbricati in Italia è indicato o il produttore o il responsabile dell’immissione in commercio. Se è indicato il solo produttore (ad es. con la formula "prodotto fabbricato dalla società XY, Milano"), quest’ultimo è da ritenersi anche responsabile dell’immissione in commercio.

4. Obbligo di riportare sugli imballaggi , recipienti o etichette dei prodotti cosmetici la dichiarazione qualitativa e quantitativa delle sostanze la cui presenza e annunciata nella presentazione , nella pubblicità o nella denominazione del prodotto ( art. 8 , comma 1 , lettera d) )

Si tratta di una norma diretta a tutelare il consumatore più che da rischi per la salute, da possibili inganni sulla qualità e le caratteristiche effettivamente possedute dal prodotto.
Non è tenuto a indicare la quantità di ciascuna sostanza l’imprenditore che spontaneamente (non essendo a ciò obbligato dalla legge) riporti in etichetta l’intera composizione qualitativa del prodotto, purché poi non richiami in alcun modo la presenza di una o più di tali sostanze nella presentazione, nella pubblicità o nella denominazione del prodotto. E’ tenuto a tale adempimento, viceversa, chi menzioni in etichetta o nella pubblicità soltanto una o alcune delle sostanze impiegate (ad esempio: "crema da barba al mentolo" "contiene zolfo"). L’obbligo si applica, ovviamente, anche alle ipotesi in cui la sostanza o il gruppo di sostanze annunciate siano indicati con nomi commerciali di fantasia in tali casi, oltre alla indicazione quantitativa, dovrà essere precisata la denominazione chimica italiana della sostanza o delle sostanze impiegate.
Le quantità possono essere indicate in valore assoluto o in percentuale rispetto al contenuto nominale del prodotto, ovvero rispetto ad una quantità totale scelta come indice di riferimento (ad es. 1 mI/100 ml).
Il rispetto della volontà del legislatore esige che, in caso di utilizzazione di estratti botanici e biologici siano fornite indicazioni sufficienti a chiarire la quantità di prodotto di partenza (qualitativamente specificato) in effetti contenuta nel cosmetico posto in commercio.

5. Requisiti e funzioni del direttore tecnico dello stabilimento di produzione ( art. 10 , commi 1 , 2 e 3 )

In quanto "responsabile della corretta esecuzione delle operazioni di produzione e di confezionamento nonché delle condizioni generali di igiene e salubrità dell’ambiente di lavoro" (art. 10, comma 2), il direttore tecnico, anche qualora svolga la sua attività con un rapporto di lavoro di tipo professionale, dovrà assicurare una presenza nello stabilimento comunque adeguata al soddisfacimento delle finalità poste dalla norma. L’assunzione, da parte di uno stesso soggetto, della direzione tecnica di più di uno stabilimento può essere ammessa soltanto nei casi in cui la pluralità di incarichi sia compatibile con il rispetto della finalità della norma, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche produttive degli stabilimenti.
Non può ammettersi che il direttore tecnico di una officina farmaceutica autorizzata ai sensi degli articoli 144, 161 o 180 del testo unico delle leggi sanitarie assuma anche la direzione di un distinto stabilimento di produzione cosmetica, tenuto conto che la normativa ora richiamata esige che il responsabile dell’officina farmaceutica svolga la propria attività in modo diretto e continuativo.
Può ritenersi accettabile, viceversa, che un’azienda farmaceutica che disponga, nella stessa sede, anche di un reparto di produzione di cosmetici affidi la direzione tecnica di quest’ultimo al direttore tecnico dell’officina di produzione di farmaci.
La legge non contempla la possibilità che la responsabilità dello stabilimento sia affidata contemporaneamente, a più di un soggetto; può, viceversa ritenersi ammissibile che il produttore nomini, oltre al direttore tecnico effettivo, un supplente, che ne assume le veci in caso di prolungata assenza o impedimento. Della eventuale sostituzione, ovviamente, dovrà essere data tempestiva comunicazione alle autorità competenti.
In ogni caso il fabbricante, nel trasmettere – ai sensi dell’art. 10, comma 6, lettera c) – le generalità e la qualifica del direttore tecnico; dovrà allegare un certificato comprovante l’iscrizione del medesimo all’albo professionale (ovvero l’attestato abilitante rilasciato ai sensi dell’art. 14) e la dichiarazione di accettazione dell’interessato, recante firma autenticata a norma di legge.

6. Uffici territoriali competenti a chiedere le informazioni previste dall’ art. 11 , comma 7

L’acquisizione da parte dell’autorità sanitaria di ogni utile notizia sulla composizione e sulle caratteristiche di un determinato prodotto cosmetico è disciplinato dai commi 7 e 9 dell’art. 11 della, legge. Per comprendere appieno il significato dei due citati commi, è opportuno leggerli unitamente alla disposizione del precedente comma 1. Si riproducono, pertanto, i tre commi ora richiamati dall’art. 11.
"1. L’autorità sanitaria competente può procedere in qualunque momento al prelievo di campioni dei prodotti cosmetici, con le modalità stabilite dal decreto ministeriale di cui all’art. 7".
"7. Le imprese sono tenute a fornire le specifiche e motivate informazioni richieste dal Ministero della sanità o dall’autorità sanitaria competente sulle sostanze contenute nei prodotti, unitamente alle indicazioni ed istruzioni delle relative confezioni".
"9. Il Ministero della sanità entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, indica l’ufficio territoriale competente a richiedere le informazioni di cui al comma 7".
L’autorità sanitaria competente a procedere al prelievo di campioni dei prodotti cosmetici deve individuarsi nella unità sanitaria locale la quale, secondo le disposizioni della legge 23 dicembre 1978, n. 833, non innovate in questo specifico aspetto dalla legge in oggetto, esercita le funzioni subdelegate ai comuni in materia di vigilanza sui prodotti cosmetici (si vedano gli articoli 7, comma 1, lettera d) e 13 della legge citata n. 833/1978).
Un significato diverso occorre dare, viceversa, alla espressione "autorità sanitaria competente" contenuta nel comma 7 dell’art. 11. Come si evince, infatti, dalla correlazione di questa disposizione con quella del comma 9, il legislatore ha ritenuto che le più analitiche informazioni sui cosmetici non dovessero essere fornite a richiesta di qualsiasi ufficio vigilante, ma essere destinate a un più ristretto ambito di autorità, la cui individuazione ha affidato al Ministro della sanità.
Quest’ultimo con decreto in data 24 dicembre 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 3 gennaio 1987, ha indicato come competenti a richiedere le informazioni previste dal comma 7 dell’art. 11 gli uffici seguenti:
a) i nuclei antisofisticazioni e sanità dei carabinieri;
b) gli assessorati alla sanità delle regioni a statuto ordinario e speciale e delle province autonome, ovvero gli uffici, istituti o centri che saranno da questi delegati, nel numero di uno per ciascun ambito regionale o di provincia autonoma, con provvedimento da adottare entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto.
Nel medesimo decreto si precisa che, entro lo stesso termine di trenta giorni dalla pubblicazione, "gli assessorati alla sanità comunicheranno al Ministero della sanità – Direzione generale del servizio farmaceutico, gli uffici, istituti o centri delegati, o confermeranno di espletare direttamente la competenza prevista dalla richiamata disposizione di legge. In caso di mancata comunicazione nel termine previsto, s’intenderà che non è stato fatto ricorso alla facoltà di delega".
Ovviamente, tutti gli uffici predetti si avvarranno della potestà prevista dal comma 7 nei casi di effettiva esigenza di salute pubblica.

7. Sanatoria prevista per i direttori tecnici non laureati

In base all’art. 14, primo comma, "Coloro i quali alla data di entrata in vigore della legge esercitano da almeno tre anni la funzione di direttore tecnico di cui all’art. 10, pur essendo sprovvisti di una delle lauree ivi indicate, possono proseguire nell’attività stessa, purché entro quattro mesi documentino alla competente autorità regionale la medesima attività e ottengano il corrispondente attestato abilitante".
Dal tenore della disposizione si evince che non possono usufruire della sanatoria coloro che, pur avendo svolto la funzione di direttore tecnico per un periodo anche di molto superiore al triennio, hanno cessato tale attività prima dell’entrata in vigore della legge.
Il legislatore non ha specificato in che cosa debba consistere la documentazione necessaria a comprovare l’attività di direttore tecnico. Le competenti autorità regionali e delle province autonome (assessorati alla sanità o eventuali altri uffici all’uopo incaricati) dovranno, pertanto, porre particolare cura nella valutazione della documentazione, al fine di evitare applicazioni eccessive del beneficio di legge.
D’altra parte, non può non riconoscersi che mentre appare facilmente documentabile (per esempio, attraverso certificazioni fiscali) il rapporto di lavoro subordinato che lega il soggetto all’azienda, e che anche per il lavoro autonomo sono agevolmente reperibili atti probatori (ad es. certificazione dei compensi), più arduo è provare che il soggetto abbia svolto nell’azienda proprio l’attività prevista dall’art.10 della legge; infatti, mancando nella previgente normativa una previsione della figura del direttore tecnico, l’incarico relativo potrebbe essere stato svolto senza particolari formalizzazioni.
Quando non sia possibile fare ricorso ad altri documenti scritti, può prendersi in considerazione la dichiarazione, rilasciata con firma autenticata a norma di legge – dal titolare dell’azienda, che attesti, sotto la propria responsabilità, l’attività di direttore tecnico svolta dal soggetto considerato.
Dal tenore del comma 2 dello stesso art. 14 si evince che l’attestato rilasciato dalla competente autorità regionale abilita esclusivamente "alla direzione tecnica della produzione documentata". Pertanto, gli interessati dovranno fornire probanti indicazioni (ad es. attraverso listini, convalidati da fatture) sul tipo di produzione effettuata nell’officina, per il periodo di tempo considerato.
L’attestato abilitante rilasciato a favore di un non laureato, può essere utilizzato anche per una nuova collocazione lavorativa presso altra azienda, purché, sotto il profilo tecnico, la produzione di quest’ultima sia assimilabile a quella effettuata dalla impresa presso cui l’interessato aveva lavorato in precedenza.
Gli organi regionali e le associazioni in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al contenuto della presente circolare.

Il Ministro: DONAT CATTIN