Roma, 18 novembre 2025 (Agenbio) – Le stesse cellule T che normalmente ci proteggono da virus e infezioni diventano, in alcune circostanze, capaci di danneggiare i neuroni e alimentare i processi neurodegenerativi alla base dell’Alzheimer. È quanto emerge da uno studio dell’Università di Verona che getta nuova luce sul ruolo del sistema immunitario nella malattia svelando un inatteso “tradimento” delle cellule difensive del nostro organismo. «Il nostro studio – spiega Gabriela Constantin, coordinatrice del team – dimostra un dialogo alterato tra l’immunità e il cervello nella malattia di Alzheimer. I linfociti T esprimenti la molecola CD8, cellule immunitarie normalmente coinvolte nella difesa contro le infezioni, svolgono un ruolo neurotossico rilasciando la granzima K che aggredisce i neuroni e altera la loro funzione». Questa scoperta apre la via a nuove prospettive terapeutiche basate sulla modulazione delle funzioni neurotossiche delle cellule immunitarie, con possibili applicazioni anche in altre malattie neuroinfiammatorie come il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla. Le cosiddette neuroimmune interactions – le interazioni tra il cervello e il sistema immunitario – rappresentano oggi uno dei campi più innovativi della ricerca biomedica. Normalmente, i leucociti circolanti raramente entrano in contatto con le cellule nervose, ma in condizioni patologiche la loro migrazione nel cervello aumenta, dando origine a un “dialogo ostile” che può innescare la degenerazione neuronale. Lo studio veronese ha documentato in modo pionieristico come questa comunicazione distorta possa favorire la produzione di amiloide beta e la fosforilazione anomala della proteina tau, i due segni distintivi della malattia di Alzheimer, contribuendo così alla perdita di memoria e al deterioramento cognitivo. (Agenbio) Etr 12:00




