“Arlecchino e il destino dei Biologi”: l’editoriale di Vincenzo D’Anna in uscita sul numero di ottobre 2025 del Giornale dei Biologi

Ebbene sì, devo confessarlo, cari colleghi: ho più volte riconsiderato la bontà del passaggio dei Biologi nelle professioni sanitarie. Non tanto e non solo perché presiedo una categoria affatto incline a considerare le cose positive, ma dedita a prefigurare quelle negative, vocata al lamento più che al ringraziamento.

Non c’è stata conquista, in questi ultimi sette anni – prima con l’ONB e poi con la FNOB – che abbia ricevuto un apprezzamento corale e manifesto da parte della categoria. Quest’ultima, intesa come l’insieme degli iscritti all’Albo e anche di coloro che, non avendo l’obbligo di iscriversi, non hanno comunque risparmiato critiche e rilievi a un Ordine professionale al quale comunque non aderiranno. In quest’ultimo caso, è da quelle fila che vengono infatti le critiche più feroci, alimentate spesso da frustrazioni personali e dalla circostanza che, non conoscendo le vicende, ci si erge comunque a giudici e saccenti.

E tuttavia, nel primo quinquennio dal 2018 al 2023, l’Ordine Nazionale dei Biologi è stato ricostruito pietra su pietra, rimesso in sesto economicamente, debito pregresso su debito pregresso. Sono state compiute scelte organizzative per migliorare i servizi e l’interlocuzione con gli iscritti, del tutto assente in passato; si è pensato all’inserimento in contesti politici e istituzionali dai quali eravamo esclusi o ignorati. E non è bastato, in quel tempo, redigere un libro bianco riepilogativo e didascalico di quanto fatto, per tacitare commenti puntuti, giudizi malevoli, valutazioni superficiali, figlie di quella pessima e diffusa abitudine che si chiama “il sentito dire”.

All’atto dell’entrata in vigore della legge 3/2018, recante il riordino degli Ordini e dei Collegi professionali della sanità, ci è voluto del tempo perché se ne cogliessero i vantaggi. Oggi, infatti, siamo alla vigilia dell’adozione dei decreti ministeriali che riscrivono, aggiornano e ampliano le competenze professionali, rifondano il sistema e l’intera Categoria. Non passa giorno che, pur innanzi a questa rivoluzione copernicana, non compaia la voce di chi chiede altro ancora, puntando – in genere – sulla tutela del proprio microcosmo, quasi che venisse minacciato dalla modernità e dall’evoluzione raggiunta. Ci vorranno diversi anni perché qualcuno prenda nota e si renda conto che soddisfare il proprio piccolo particolare non renda affatto alla Categoria; che una visione angusta del proprio interesse non fa crescere niente e nessuno.

Comunque, ai Biologi – come agli amici più cari – si deve voler bene coi difetti che hanno, con le abitudini che si sono radicate negli anni dell’incuria verso i medesimi, con la necessità di doversi barcamenare nell’esercizio di una professione tanto ampia di prospettive, eclettica per variabilità di impiego, ma quasi sempre priva di normative e tutele legislative. Normative vecchie che fissavano la mera elencazione di aree di indirizzo professionale, genericamente indicate in una legge istitutiva “omnibus”, ma scarna di interpretazioni giuridicamente chiare. Quello che maggiormente pesa, però, è l’assenza di un “senso politico” della Categoria che, ancorché diversamente organizzata – dal centralismo dell’ONB al pluralismo degli Ordini territoriali – risente del solipsismo culturale e della vocazione campanilistica.

Gli Ordini territoriali, spesso, sono finiti nelle mani di una dirigenza tetragona alla visione federativa che coordina e indirizza, nel senso degli obblighi di legge, la vita delle realtà regionali. A volte si trae l’impressione che ciascuno curi e difenda la propria organizzazione territoriale con fare malmostoso e sospettoso, quasi che si siano create “ditte” personalizzate. Le fibrillazioni non mancano e spesso qualche Ordine si rapporta con la Federazione con fare competitivo, se non indifferente. Un agire che lascia prevalere le differenze e non le assonanze. Se la FNOB si piegasse a questo modo di intendere le cose, avremmo creato undici repubbliche autocratiche e non solamente autonome per competenze che la legge delega agli ordini territoriali.

Un vestito di Arlecchino che non porta né unità d’intenti né concorde collaborazione.

Dalla FNOB arrivano, con cadenza ormai frequente, conquiste per i Biologi che in passato erano sconosciute, riconoscimenti insperati per tutti noi. Tutto viene preso come se fosse stato facile ottenerlo e finanche dovuto, come tale non degno di notazione. Per quanto mi riguarda, questo tempo di servizio senza riscontro è scaduto: chi non dà segno di resipiscenza nel rispettare la funzione, il ruolo e l’autorevolezza della Federazione, dovrà procurarsi i mezzi in futuro per ottenere le cose che desidera. Così come si dovrà attrezzare per la prossima fase elettorale, dell’Ottobre 2026, in una prospettiva autoctona e autosufficiente sotto il profilo della raccolta del consenso democratico, che è l’unico a conferire legittimità a chi pretende di detenere il potere di governare. Sceglieremo i leali al disegno federativo e i generosi che si offrono al servizio dei Biologi. Perché si governa non per cupidigia di potere, ma per il dovere di fare del bene alla gente.

di Vincenzo D’Anna

Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi