Studio internazionale guidato da ENEA e CNR: in vent’anni raddoppiano le aree oceaniche povere di nutrienti
Roma, 30 maggio 2025 (Agenbio) – La desertificazione non riguarda solo le terre emerse. Un nuovo studio internazionale mostra infatti come anche gli oceani stiano diventando sempre più poveri di nutrienti, con conseguenze preoccupanti per la biodiversità marina e il clima globale. Secondo i dati, le cosiddette “zone oceaniche desertiche” sono quasi raddoppiate negli ultimi vent’anni, passando dal 2,4% al 4,5% della superficie degli oceani.
A lanciare l’allarme è una ricerca coordinata dal Laboratorio Modelli e Servizi Climatici dell’ENEA, in collaborazione con l’Istituto di Scienze Marine (ISMAR-CNR) e lo State Key Laboratory of Satellite Ocean Environment Dynamics (Cina), pubblicata sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters. Il lavoro si è concentrato sull’analisi delle variazioni del fitoplancton, organismo microscopico fondamentale per la catena alimentare marina e per il sequestro naturale della CO₂ atmosferica.
«La desertificazione oceanica è particolarmente evidente nel Pacifico settentrionale, dove ogni anno l’area interessata cresce di circa 70 mila km². Ma fenomeni simili sono in espansione anche in altre aree tropicali e subtropicali,» spiega Chiara Volta, ricercatrice ENEA e coautrice dello studio. «Il riscaldamento globale rende le acque superficiali più calde e leggere, ostacolando il mescolamento con quelle profonde, che sono più fredde ma ricche di nutrienti. Il risultato è un blocco dell’apporto di ‘cibo’ per il fitoplancton e, di conseguenza, un impoverimento della biodiversità marina.»
Il team ha analizzato i dati satellitari di clorofilla — molecola chiave nella fotosintesi e indicatore dello stato del fitoplancton — raccolti dal 1998 al 2022 nei cinque principali vortici subtropicali degli oceani: nell’Atlantico (nord e sud), Pacifico (nord e sud) e nell’Oceano Indiano. Queste aree, caratterizzate da grandi sistemi di correnti che ruotano in senso orario, sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici.
Il dato più rilevante emerso dallo studio è la diminuzione della clorofilla nelle regioni più povere di nutrienti. Tuttavia, i ricercatori sottolineano che ciò potrebbe non significare necessariamente una riduzione del fitoplancton, ma piuttosto un adattamento delle specie presenti alle nuove condizioni ambientali: temperature più elevate e meno nutrienti disponibili.
«Nonostante la diminuzione della clorofilla, la biomassa complessiva del fitoplancton sembra rimanere stabile nel tempo,» precisa Volta. «Ma i dati satellitari ci mostrano solo ciò che accade sulla superficie. I prossimi studi dovranno approfondire i cambiamenti lungo la colonna d’acqua e valutare come ciò influisca sulla produttività degli oceani.»
La progressiva desertificazione marina è un segnale d’allarme che non riguarda solo la biodiversità, ma anche l’equilibrio climatico del pianeta. Il fitoplancton, infatti, oltre a nutrire pesci e altri organismi marini, svolge un ruolo essenziale nel ciclo globale del carbonio. La sua riduzione o trasformazione potrebbe compromettere la capacità degli oceani di assorbire CO₂, amplificando gli effetti del cambiamento climatico. (Agenbio) Eleonara Caruso 9:00