Per coloro che hanno studiato la filosofia e gli insegnamenti che ne sono derivati, posti alla base di tutta la conoscenza umana fin dai tempi degli antichi greci, è molto più semplice comprendere quali siano i limiti del sapere umano. Limiti che ci fanno capire quanto sia ristretta la conoscenza alla quale siamo pervenuti e quanto invece sia vasta e illimitata la quantità di ciò che ancora ignoriamo. Ne consegue che coloro che sanno, rendendosi conto di “non sapere” tutto ciò che ci sarebbe da conoscere, agiscono con umiltà e tolleranza. I più ignoranti sono invece sempre i più presuntuosi, quelli che si sopravvalutano e nutrono ambizioni non supportate da reali capacità e competenze.
Una condizione, quest’ultima, che induce i detentori di un potere momentaneo a sopravvalutare se stessi, montarsi la testa, assumere atteggiamenti megalomani e mostrarsi sleali, fino a rinnegare ogni ricordo delle proprie limitate potenzialità, confondendo la propria persona con la carica che ricoprono. Sono insomma disposti a tutto pur di mantenere un livello sociale, professionale o politico (inteso nel senso più ampio del potere sugli altri), anche a tradire i propri benefattori o coloro ai quali devono il posto che hanno raggiunto. Una condizione, quella della superbia degli ignoranti, molto diffusa e causa di non pochi guai e controversie in ogni ambito delle vicende umane.
A tal proposito ci soccorre il paradosso di Dunning-Kruger, che descrive la tendenza delle persone con scarsa competenza in un’area a sovrastimare le proprie abilità, mentre le più competenti tendono a sottovalutarsi. Questo accade perché la mancanza di competenza impedisce di rendersi conto dei propri limiti e di valutare accuratamente la propria attitudine al comando. Lo sciocco divenuto superbo tende a sopravvalutare il proprio operato e a denigrare o ignorare quello altrui; non ha né gratitudine né rispetto per i suoi maestri né per coloro che deve governare, e non ha altre mete che lucrare vantaggi materiali o acquisire porzioni di potere fini a se stesse.
Chi è giunto a questo punto della lettura si chiederà: cosa c’entrano i Biologi con tutto ciò? Ebbene sì, c’entrano eccome! C’entrano perché sono sempre più numerosi, e sempre maggiori sono le conoscenze che la Biologia ci rivela. Con esse aumentano le competenze riconosciute ai Biologi e quindi il numero di attività professionali che essi esercitano nella società e nell’ambito scientifico. Tuttavia, per quanto negli ultimi anni siano cresciute sia le conoscenze sia le competenze riconosciute alla nostra Categoria professionale, non è aumentato lo spirito di Categoria, ossia la consapevolezza di essere parte di una comunità umana e professionale con un unico denominatore.
In questi anni, grazie al lavoro e alle capacità della dirigenza — prima del disciolto ONB e poi della Federazione e degli Ordini Territoriali, creati in seguito all’ingresso per legge dei biologi nelle professioni sanitarie — sono aumentate le competenze professionali, le conquiste di traguardi mai prima raggiunti (borse per gli specializzandi, aumento dei posti disponibili e nuovi ingressi in scuole di specializzazione prima precluse, leggi per il riconoscimento di denominazioni, ambiti e ruoli professionali ai Biologi Ambientali ai Biologi Nutrizionisti), una radicale revisione dell’Albo professionale, una riorganizzazione dei servizi e delle tutele, una delocalizzazione di poteri e competenze dal centro alla periferia regionale, con più servizi e opportunità, una parificazione della Categoria alle altre professioni sanitarie più antiche, un capillare inserimento in ogni ambito istituzionale (Ministeri, Istituzioni ed Enti e legislazione parlamentare) e così via.
Ma la risposta dei singoli o dei gruppi organizzati non è sostanzialmente cambiata: indifferenza, ignoranza dei progressi e dei traguardi raggiunti, scarso riconoscimento delle maggiori opportunità a tutti i livelli — compreso quello occupazionale e reddituale —, inclinazione al lamentarsi, critica ignara e irriconoscente verso quanto proviene dalla dirigenza, sebbene questa sia stata democraticamente scelta dagli stessi iscritti, scarsa partecipazione alla vita degli Ordini territoriali. Insomma: una diffusa indolenza e indifferenza, le lotte e le invidie dei mediocri, la slealtà e la superbia di taluni appena assurti al potere.
Come spiegarlo? Credo che la chiave sia la conoscenza e che il paradosso di Dunning-Kruger lo illustri adeguatamente. E tuttavia occorre operare lo stesso, con temperanza e spirito di tolleranza, almeno fino alla scadenza del mandato ricevuto, per consegnare comunque a chi verrà un contesto più autorevole e qualificato. Ma per i Biologi, come Categoria unita e consapevole, resta ancora molta strada da fare per affrancarsi dalla mediocrità degli ignoranti e dal solipsismo ambizioso dei singoli.
Vincenzo D’Anna, Presidente della Fnob




