Screening per l’Epatite C in Puglia: sì alla prevenzione, ma con metodi e competenze adeguate

Negli ultimi giorni, la stampa ha riportato una polemica tra il consigliere regionale pugliese Luigi Lo Palco, epidemiologo ed ex dirigente del Ministero della Salute, e l’assessore alla Sanità della Regione Puglia, Raffaele Piemontese. Al centro del dibattito, l’incidenza dell’Epatite virale C sul territorio pugliese e le modalità con cui avviare uno screening efficace.

Pur non entrando nel merito dello scontro politico, è doveroso ribadire l’importanza di una campagna di screening ben strutturata, soprattutto oggi che disponiamo di farmaci in grado di eradicare il virus in modo definitivo. Tuttavia, è essenziale chiarire cosa si intenda per “monitoraggio” e come questo debba essere condotto. Uno screening non può ridursi all’uso di test rapidi POCT (Point of Care Testing), soprattutto se eseguiti da operatori non abilitati al rilascio di referti diagnostici, come ad esempio i farmacisti. In questi casi, il risultato rischia di avere solo un valore indicativo, privo della validità clinica necessaria, e non può sostituire un referto medico vero e proprio.

La rete dei laboratori di analisi accreditati, al contrario, è perfettamente in grado di offrire test affidabili, eseguiti con attrezzature certificate e da personale sanitario qualificato. Solo questi professionisti sono autorizzati a produrre documentazione clinica valida, da trasmettere poi al medico curante per l’interpretazione e l’eventuale diagnosi. Va inoltre sottolineato che i costi dei test eseguiti nei laboratori sono definiti da un tariffario ministeriale, risultando competitivi rispetto ai test rapidi. Non si comprende, quindi, perché non si faccia ricorso a metodi più sicuri e a professionisti pienamente abilitati.

Infine, si auspica che nel definire le modalità operative dello screening vengano coinvolti gli Ordini professionali. Il rischio maggiore, infatti, è quello di distribuire referti incompleti o errati, esponendo i cittadini non solo a falsi negativi, ma anche a rischi sanitari legati alla gestione impropria di campioni biologici. La prevenzione è una priorità, ma deve essere affidata a chi ha le competenze, gli strumenti e la responsabilità per gestirla in sicurezza.