È il senso del gusto a impedirci di eccedere in una giornata di fame

Roma, 12 gennaio 2024 (Agenbio) – Studi degli anni ’70 e ’80 hanno suggerito che il gusto del cibo può limitare la velocità con cui mangiamo, ma è stato impossibile studiare l’attività cerebrale durante il pasto perché le cellule che controllano questo processo sono situate in profondità nel tronco cerebrale, rendendole difficili da registrare. Un nuovo studio della UC San Francisco pubblicato su Nature ha scoperto che, stimolato dalla percezione del sapore, un insieme di neuroni si mette quasi immediatamente in allerta per ridurre la nostra assunzione di cibo.

“Abbiamo scoperto una logica utilizzata dal tronco encefalico per controllare quanto velocemente e quanto mangiamo, utilizzando due diversi tipi di segnali, uno proveniente dalla bocca e uno molto più tardi, dall’intestino”, ha detto Zachary Knight, uno degli autori.

Nuove tecniche sviluppate dall’autore principale Truong Ly hanno consentito l’imaging e la registrazione per la prima volta  in un soggetto sveglio di una struttura del tronco cerebrale fondamentale per sentirsi sazi, chiamata nucleo del tratto solitario, usandole per esaminare due tipi di neuroni che sono noti da decenni per avere un ruolo nell’assunzione di cibo.

Quando il cibo viene immesso direttamente nello stomaco, le cellule cerebrali chiamate PRLH (per l’ormone di rilascio della prolattina) vengono attivate dai segnali nutrizionali inviati dal tratto gastrointestinale. Tuttavia, quando il cibo è introdotto tramite bocca, i segnali provenienti dall’intestino non appaiono, e le cellule cerebrali PRLH passano a un nuovo modello di attività interamente controllato dai segnali provenienti dalla bocca. “È stata una sorpresa totale che queste cellule fossero attivate dalla percezione del gusto”, ha detto Ly. Nel frattempo, ci vogliono molti minuti perché un diverso gruppo di cellule cerebrali, chiamate neuroni CGC, inizi a rispondere ai segnali provenienti dallo stomaco e dall’intestino. Queste cellule agiscono su scale temporali molto più lente – decine di minuti – e possono trattenere la fame per un periodo di tempo molto più lungo. La risposta delle cellule cerebrali CGC ai segnali di allungamento provenienti dall’intestino è quella di rilasciare GLP-1, l’ormone imitato da alcuni farmaci dimagranti. (Agenbio) Cdm 09:00.