La crisi dell’apicoltura italiana

Roma, 22 dicembre 2022 (Agonb) – Fin dall’antichità greca e romana, al miele e alle api era attribuito un valore sacro e un’origine divina. Basti fare un rapido e semplice riferimento alle versioni del mito di Zeus che, pur nella loro diversità, raccontano come una giovane ninfa (in alcune versioni sono due) lo allevarono e nutrirono con del latte e del miele. C’è poi la fulgida descrizione (dagli echi aristotelici) del IV libro delle Georgiche di Virgilio, dove le api sono «piccoli esseri che offrono all’uomo il dono celeste del miele». L’incipit letterario funge da pretesto per addolcire la lettura di una questione amara, fa solo da sfondo alla ben nota, ma a quanto sembra poco considerata, importanza del ruolo delle api, nonché alle virtù e alle diverse applicazioni del “nettare degli Dei”. Circa un terzo del nostro cibo dipende dall’opera di impollinazione delle api, gli insetti volatori che più di tutti per quantità e qualità offrono un contributo determinante a questo processo fondamentale. Negli ultimi 10-15 anni il numero di api è drasticamente calato soprattutto nei Paesi dell’Europa occidentale, tra cui Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia e Spagna. Le cause principali dello spopolamento sono sostanzialmente due, e ad esse se ne legano altre consequenziali. In prima linea, ma solo per “anzianità” del problema, si trova l’agricoltura industriale: pesticidi chimici, monocolture, perdita generale della biodiversità e pratiche agricole distruttive non fanno che mettere in difficoltà il lavoro degli insetti impollinatori. In secondo luogo ci sono gli effetti distruttivi della crisi climatica, che hanno modificato le stagioni e il ciclo naturale degli ecosistemi. Lo stravolgimento delle stagioni ha condotto ad un mutamento dei periodi di fioritura, che avvengono in anticipo e/o, in alcuni casi, hanno una durata minore, facendo sì che le api si trovano ancora in letargo quando i fiori sbocciano e senza nettare e polline quando dovrebbero nutrirsi. I dati raccolti nel 2022 dalla responsabile Campagna Agricoltura e Progetti speciali di Greenpeace Italia Federica Ferrario raccontano di una perdita stimata di oltre 12 milioni di api. Per quel che riguarda la produzione, secondo l’“Indagine produttiva ed economica” effettuata a luglio 2022 dall’Osservatorio Nazionale Miele, la fioritura di piante quali il castagno e il tiglio si è accorciata drasticamente e in molte zone della Penisola la stagione di raccolta si era già conclusa prima di settembre. I dati degli agricoltori Coldiretti parlano infatti di un raccolto di miele ridotto del 40% rispetto al potenziale: complessivamente, il risultato è una produzione Made in Italy intorno alle 13mila tonnellate, fra le più basse del decennio. Le filiere che in primo luogo risentono di questa diminuzione sono quella agroalimentare, il florovivaismo, la cosmetica e la medicina, ma è ragionevole pensare a ripercussioni forti anche su altri settori. In termini puramente economici, per capire quanto sia centrale il ruolo dell’apicoltura nel sistema produttivo italiano, gli sciami dei 73mila apicoltori italiani generano circa 2 miliardi di euro annui di valore, con una quota sulla produzione totale UE pari al 23%. (Agonb) Michelangelo Ottaviano 8:00