Violazione del Codice deontologico: sponsorizza kit del Dna sul web, biologa sospesa. Anche il tribunale le dà torto

Sanzionata. Dall’Ordine dei Biologi (Consiglio di Disciplina e Consiglio Nazionale) e poi dalla giustizia ordinaria che ha confermato, in sostanza, le decisioni prese dagli organismi collegiali dell’ente professionale. E’ la storia di una biologa della regione Lazio, balzata all’attenzione delle “cronache” per la sua condotta giudicata irregolare prima dagli organismi collegiali dell’ONB e poi dall’XI sezione civile del tribunale di Roma che ha nei fatti “ribadito” il provvedimento di disciplina deciso dal palazzo di via Icilio. Ma veniamo ai fatti. Secondo le “accuse”, la collega biologa aveva sponsorizzato l’utilizzo di un kit di analisi del DNA mettendosi in mostra su Youtube con tanto di video in cui si presentava al pubblico nell’atto di testare e, quindi, promuovere quel prodotto; come se non bastasse, sempre secondo l’accusa, dalla sua pagina Facebook, si evinceva come la stessa biologa fosse anche “co-fondatore” e “biologa nutrizionista” presso la società che aveva prodotto e dunque messo in vendita il kit dimostrando, in tal modo, un collegamento commerciale diretto con la ditta in questione. Il tutto in aperta violazione degli artt. 32 e 36 del Codice deontologico. Da qui, il 18 giugno del 2019, la decisione del Consiglio di Disciplina di approfondire il caso fino alla decisione, presa il 23 luglio del 2019, di erogare una sanzione della sospensione dalla professione per tre mesi alla dottoressa. Contro quell’atto, la biologa ha proposto ricorso davanti al Consiglio Nazionale dei Biologi, chiedendone l’annullamento, negando i fatti e lamentando la violazione del principio del contraddittorio e di quello di proporzionalità della sanzione applicata (previsti dal comma 3 dell’art. 4 del Regolamento per il funzionamento del Consiglio di Disciplina e per l’esercizio dell’azione disciplinare). In particolare, la difesa della biologa segnalava che il riferimento alla violazione dell’art. 36 non avesse costituito oggetto dell’atto di contestazione e che il video presente su Youtube e l’estratto della pagina Facebook, non fossero presenti tra gli atti istruttori. La dottoressa lamentava, inoltre, la carenza di motivazione del provvedimento sull’aspetto doloso della violazione e la sproporzione della sanzione, soprattutto in relazione alla sua giovane età. Il  30 ottobre del 2019 il Consiglio Nazionale dei Biologi accoglieva, sia pure solo parzialmente, tale ricorso confermando, però, la sanzione della sospensione disciplinare (tre mesi); in particolare, l’organo collegiale dell’Onb riteneva fondata la contestazione della violazione del principio del contraddittorio, in contrasto con l’art. 44 della l. 396/67, per l’omessa indicazione della violazione dell’art 36 del Codice deontologico nell’atto di contestazione. Lo stesso Consiglio, tuttavia, rigettava le altre tesi difensive, sostenendo che negli atti del fascicolo istruttorio fossero presenti sia il video estrapolato da Youtube, sia gli estratti dalla pagina Facebook della dott.ssa, dai quali sarebbe emerso chiaramente il collegamento con la società produttrice del kit e la promozione di quel prodotto e, dunque, l’operare della biologa sotto quello che veniva definito “l’influsso di una indebita interferenza di interessi“. Insomma: la sanzione stabilita dal Consiglio di Disciplina veniva confermata. La biologa non si è arresa e, con atto di citazione, iscritto in data 2 dicembre 2019, ha deciso di tirare dritto impugnando anche quel provvedimento disciplinare e decidendo, poi, di ricorrere alla via del procedimento cautelare (in corso di causa in data 20 marzo 2020) teso ad ottenere la cancellazione, dal sito dell’Ordine dei biologi, della sospensione. Il caso è dunque approdato nelle aule del tribunale di Roma (XI sezione civile) il quale si è espresso lo scorso 16 dicembre, con una sentenza che nella sostanza ha ribadito quanto, in precedenza, deciso dai due organismi dell’ente professionale dei Biologi. Come infatti hanno scritto il presidente del tribunale ed il giudice relatore nella sentenza: “potendo, allora, valutare autonomamente gli elementi probatori presenti nell’attuale giudizio, questo Collegio ritiene che sia emersa la prova del collegamento della società produttrice del kit (…) con l’attività di biologa della dott.ssa (…), nonché la sponsorizzazione del prodotto da parte della predetta e che tale condotta si ponga in contrasto con l’art. 32 del Codice deontologico, che vieta di far interferire interessi
economici con la professione, a prescindere dal contenuto degli specifici accordi
commerciali assunti dal professionista”. Quanto “alla proporzionalità della condotta con la sanzione” si legge ancora nella sentenza, “prescindendo dal dato anagrafico, che non può valere come attenuante, considerando che le sanzioni previste dal regolamento sono la censura, la sospensione fino ad un anno e la radiazione, si ritiene che, come segnalato dal Consiglio in comparsa, la sponsorizzazione di prodotti commerciali attraverso piattaforme ‘social’ e il sito internet, vista la diffusività di tali forme di comunicazione e la potenzialità di conseguente vantaggio economico, sia una condotta particolarmente offensiva del precetto deontologico e proporzionata alla misura irrogata, il cui dolo deve ritenersi in re ipsa, non potendo che essere una condotta volontaria e consapevole“. In soldoni: l’impugnazione è stata respinta, con condanna alle spese della fase di merito.