Informare il cliente della mancata iscrizione all’Albo non esclude il reato dell’esercizio abusivo della professione: a dirlo è la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12282 del 16 aprile, ha confermato la responsabilità penale per esercizio abusivo di una professione (ai sensi dell’art. 348 c.p.) di un soggetto che compie attività riferibili ad una professione senza essere regolarmente abilitato all’esercizio della stessa.

La Corte ha specificato che le attività si considerano svolte abusivamente quando sono poste in essere in via continuativa e in maniera organizzata e dietro compenso, e in generale quando creano le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da un professionista iscritto al relativo Albo.

Queste considerazioni del Giudice di legittimità, riprendono l’orientamento già espresso dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella pronuncia n. 11545 del 15.12.2011.
Nella vicenda sottoposta alla Corte di Cassazione, l’imputata ricorrente era stata condannata dalla Corte d’Appello per aver svolto attività retribuita di gestione di dati contabili e fiscali, tenuta della contabilità, redazione di modelli di pagamenti di imposte, a favore di alcune società (anche rappresentandole nei rapporti con Equitalia e con l’Agenzia delle Entrate), pur non essendo abilitata.

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Giudice d’appello, rigettando il ricorso dell’imputata, specificando che il reato di esercizio abusivo della professione di cui all’art. 348 c.p., si configura anche se il soggetto che svolge la prestazione dichiara esplicitamente di non essere iscritto all’Albo professionale informando così il cliente.
Risulta quindi punibile penalmente a prescindere dal consenso del destinatario a ricevere l’attività svolta, che resta abusiva.

Nel caso esaminato si configura quindi l’esercizio abusivo della professione di commercialista, senza che rilevino le diciture come ad esempio «consulenze di direzione-legale rapp. Iscritto all’Ancot» riportate dall’imputata nelle fatture rilasciate alle società sue clienti.

L’imputata è considerata colpevole, anche se non ha espressamente indicato accanto al suo nome il titolo di dottore commercialista.