Coronavirus, studio dell’Iss: l’epidemia in Italia non è arrivata dalla Cina. A Codogno i positivi erano malati di seconda o terza generazione

Il nuovo coronavirus sarebbe stato presente in Italia ben prima che l’epidemia esplodesse a Wuhan, in Cina. L’ultima, clamorosa rivelazione (rimbalzata anche sui principali media nazionali) reca il timbro dell’Istituto Superiore di Sanità, ed è parte integrante dell’indagine epidemiologica contenuta nell’approfondimento pubblicato, a partire da ieri, martedì 9 marzo e fino a venerdì 13, sul portale dell’epidemiologia per la Sanità pubblica Epicentro. Stando ai dati resi noti dall’Iss, nessun caso dell’epidemia da Covid-19 che si sta diffondendo nella Penisola, avrebbe a che fare direttamente con il Paese della Grande Muraglia. Secondo il report dell’Istituto, infatti, i tre malati, due turisti e un italiano (rientrato da Wuhan), che si sono infettati in quel Paese, sono stati tenuti isolati e non hanno così trasmesso a nessuno il virus. Nello studio si legge che “è stata poi segnalata dalla regione Lombardia una persona di nazionalità iraniana”. Tuttavia “non è stato indicato dove possa essere avvenuto il contagio anche se la persona si è infettata in Iran”. E ancora, l’Iss mette in evidenza che ci sono diverse conferme relative al fatto che il Covid-19 circolasse in Italia da molto tempo, ben prima, dunque, di quando è esploso il problema a Codogno: in quel Comune, i positivi erano già malati di seconda o terza generazione. Attualmente, sostiene sempre lo studio pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (che considera i dati fino al 9 marzo) non è possibile ricostruire, per tutti i pazienti, la catena di trasmissione dell’infezione” da coronavirus, ma “la maggior parte dei casi segnalati in Italia riportano un collegamento epidemiologico con altri casi diagnosticati in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, le zone più colpite dall’epidemia”. Insomma: un clamoroso cambio di paradigma che apre nuovi scenari sull’origine e la diffusione del Covid-19. Giova a qualcosa ricordare come, non più tardi di dieci giorni fa, fosse stato proprio il presidente dell’Ordine nazionale dei Biologi Vincenzo D’Anna ad affacciare, per primo, tra lo scetticismo dei soliti “beninformati di turno”, l’ipotesi della presenza di un virus “autoctono” sviluppatosi nel Nord della Penisola, ed in particolare nelle terre lombarde, molto prima, dunque, del morbo di Wuhan?