Nuovo contratto nazionale per i ricercatori sanitari. Il commento di Paolo Davassi, ricercatore e componente del Consiglio Nazionale dei Biologi

La legge 205 del 27/12/2017 (art.1, commi dal 423 al 434) ha introdotto, per il personale della ricerca sanitaria degli IRCCS ed IZS, la cosiddetta “piramide del ricercatore”, suscitando non poche polemiche e malcontenti. Di fatto si tratta di un percorso lungo 10 anni in cui i ricercatori e il personale di supporto alla ricerca saranno inquadrati con dei contratti a tempo determinato e, se dovessero essere in grado di soddisfare i requisiti di eccellenza previsti (e che sono tuttora in fase di definizione), allora dovrebbero (purtroppo il condizionale è d’obbligo) poter accedere al concorso per la stabilizzazione finale.

Il 27 dicembre 2018 è stato firmato da ARAN e sindacati il nuovo CCNL, adesso sono attesi i decreti per l’attuazione definitiva, con la definizione dei profili professionali, i criteri e le modalità di accesso e di valutazione. La norma, oltre ad essere tardiva, presenta molteplici criticità, tra cui, lo sdoganamento di un precariato di 10 anni che, mentre in altri settori è considerato illegale, per i ricercatori diventa non solo legale, ma anche strutturale. Molte polemiche ha suscitato, inoltre, la decisione di inquadrare tale personale nel comparto (categoria D) e non nel livello dirigenziale nonostante i requisiti di eccellenza richiesti e che verranno valutati annualmente, pena la risoluzione contrattuale dopo tre o cinque anni. A tal punto bisogna precisare che la norma, creando il ruolo di ricercatore e di personale di supporto, raggruppa lauree e profili spesso estremamente diversi tra loro all’interno di soli due profili.

Ne deriva che ricercatori, seppur con profili curriculari eccellenti (specializzazione, dottorato, master, ecc.), verranno trattati alla stregua di personale con un percorso formativo e professionale ben più modesto: tutti nel calderone del comparto. Infine, allo stato attuale non è prevista alcuna norma transitoria volta ad abbreviare il percorso per i ricercatori che da 10, 15, a volte anche 20 anni, lavorano all’interno degli Istituti con passione e dedizione, trascurando gli impegni familiari, con contratti spesso illegittimi ed al limite della decenza. “Piramide del ricercatore” è un soprannome curioso e forse predittivo per una norma, considerando che nell’antico Egitto le piramidi altro non erano che delle bellissime ed imponenti tombe.

A questo punto bisogna sperare che il DPCM ed il decreto ministeriale che ancora mancano vengano emanati al più presto per superare l’attuale fase di stagnazione ed attuare la norma con tutti i suoi limiti ed ipocrisie. Ma dal giorno dopo l’Ordine dei Biologi continuerà ad essere in prima linea per cercare di apportare le dovute modifiche all’intero impianto normativo.

 

Dott. Paolo Davassi

Componente del Consiglio Nazionale dei Biologi

 

Di seguito riportiamo la notizia ripresa anche da Corriere.it